Licenziamento del socio lavoratore di cooperativa

Licenziamento del socio lavoratore di cooperativa

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In caso di esclusione e licenziamento del socio di cooperativa la mancata impugnazione della delibera di esclusione preclude la tutela ripristinatoria del rapporto di lavoro, ma non impedisce al lavoratore di contestare la legittimità del licenziamento al fine di ottenere, in caso di accertata illegittimità dello stesso, il risarcimento del danno secondo le previsioni di cui all’art. 8, L. n. 604/1966.
NOTA
Il caso di specie riguarda un licenziamento disciplinare intimato ad una lavoratrice socia di una società cooperativa.
Tale licenziamento veniva dichiarato illegittimo dalla Corte d’Appello di Firenze che, in riforma della sentenza di primo grado, annullava il licenziamento de quo e condannava la cooperativa a reintegrare la lavoratrice nel posto di lavoro precedentemente occupato ed al pagamento delle retribuzioni medio tempore maturate. In particolare, la Corte d’Appello giungeva a tale conclusione rilevando che, esclusa la sussistenza di una giusta causa di recesso, ed essendo il provvedimento espulsivo della socia fondato esclusivamente su ragioni disciplinari, doveva applicarsi la tutela di cui all’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori.
Ricorreva per cassazione la società cooperativa, rilevando l’erronea applicazione del rimedio sanzionatorio di cui all’art. 18 cit., anche in ragione del fatto che, nel caso di specie, la decisione del giudice di merito non aveva considerato l’omessa impugnazione da parte della lavoratrice della delibera di esclusione di socia.
La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, richiamando, innanzitutto, quanto affermato sul tema dalle Sezioni Unite, secondo cui «l’effetto estintivo del rapporto di lavoro derivante dall’esclusione dalla cooperativa a norma della L. n. 142 del 2001, art. 5, comma 2, impedisce senz’altro, in mancanza d’impugnazione della delibera che l’abbia prodotto, di conseguire il rimedio della restituzione della qualità di lavoratore» (cfr. Cass. Sez. Unite n. 27436/2017).
La cessazione del rapporto associativo trascina, infatti, con sé, inevitabilmente, quella del rapporto di lavoro, e ciò si ricava anche dall’art. 5 cit., che espressamente esclude la sopravvivenza del rapporto di lavoro alla caducazione di quello associativo.
In conclusione, l’omessa impugnazione della delibera di esclusione – con il conseguente definitivo effetto estintivo del rapporto di lavoro – lascia impregiudicato l’interesse del lavoratore a far valere l’illegittimità del recesso, fondato sui medesimi fatti posti a fondamento della prima, per ottenere il risarcimento del danno derivante dall’ingiusta cessazione del rapporto di lavoro; tale risarcimento, tuttavia, sarà limitato alle previsioni di cui all’art. 8 della 604/1966 (con la precisazione che l’offerta datoriale di riassunzione ivi contemplata – ed alternativa al pagamento di un’indennità economica – corrisponderà ad una proposta contrattuale di ricostituzione di un nuovo rapporto), con esclusione dell’applicabilità dell’art. 18 St. Lav.
Tutto ciò premesso, la Corte di Cassazione ha rilevato che nella sentenza impugnata è del tutto omesso l’esame dell’elemento decisivo (impugnazione o meno della delibera di esclusione fondata sulle medesime ragioni del licenziamento) ai fini dell’individuazione della tutela applicabile in favore del socio-lavoratore; tale decisione si pone quindi in contrasto con le norme regolatrici della fattispecie e viene, pertanto, cassata con rinvio.