Somministrazione fraudolenta con accordo tra utilizzatore e agenzia

Somministrazione fraudolenta con accordo tra utilizzatore e agenzia

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La somministrazione di lavoro è fraudolenta se lo scopo del somministratore e dell’utilizzatore è quello di eludere le norme previste dalla legge o dai contratti collettivi applicate al lavoratore.

Tra le novità introdotte dal decreto estivo (Dl 87/2018 convertito dalla legge 96/2018) c’è il riordino delle regole sulla somministrazione di lavoro. Il decreto ha reintrodotto il reato di somministrazione fraudolenta, già previsto dall’articolo 28 del Dlgs 276/2003 (la cosiddetta legge Biagi) e successivamente abrogato con il Codice dei contratti (Dlgs 81/2015).

Il perimetro del reato

Si tratta di una vera e propria contravvenzione unitaria che vede nel somministratore e nell’utilizzatore due soggetti attivi dell’unica fattispecie di reato. La somministrazione fraudolenta costituisce, dunque, un reato plurisoggettivo proprio, in cui le due parti del contratto commerciale di somministrazione di lavoro rispondono penalmente di una specifica condotta elusiva.

La somministrazione fraudolenta, poi, rientra tra i reati di pericolo: l’illecito penale potrà considerarsi realizzato ogniqualvolta la finalità elusiva dell’azione risulterà provata, a prescindere da qualsiasi danno o pregiudizio.

Con riferimento all’autore del reato, accanto al soggetto che utilizza il lavoratore, si pone la figura del somministratore che può essere individuato sia nel soggetto che esercita la somministrazione di lavoro in assenza di autorizzazione, sia nell’agenzia iscritta all’Albo.

Questa lettura “estensiva” sembra trovare conferma nel riferimento letterale del testo legislativo che, senza distinzioni, parla di mero «somministratore». Nell’ottica di una lettura letterale della norma, quindi, pare preferibile propendere per l’estensione della fattispecie all’agenzia, sia autorizzata, sia non autorizzata.

La norma stabilisce, inoltre, che, ferme restando le sanzioni previste dall’articolo 18 del Dlgs 276/2003, il reato si consuma laddove la somministrazione di lavoro sia messa in atto con la specifica finalità di eludere norme inderogabili di legge o di contratto collettivo applicate al lavoratore. La somministrazione fraudolenta, quindi, richiede la prova (ardua) dell’esistenza di un dolo specifico. In questo senso rileva non solo l’intenzionalità del reato, ma anche la specifica finalità dello stesso. Deve esserci un’intesa fra utilizzatore e somministratore o, quanto meno, la effettiva consapevolezza di eludere norme imperative di legge o di contratto applicate al lavoratore.

I comportamenti a rischio

A titolo esemplificativo, potrebbe configurarsi il reato di somministrazione fraudolenta nel caso in cui il datore di lavoro utilizzi, quali lavoratori somministrati a termine, nei periodi di stop and go tra un contratto a termine e quello successivo, gli stessi lavoratori già assunti a tempo determinato.

Un’altra ipotesi a rischio di fraudolenza è l’utilizzo, alla scadenza del contratto a termine di 24 mesi, degli stessi lavoratori assunti, questa volta, con contratto di somministrazione a termine, anziché con contratto a tempo indeterminato o con un nuovo contratto a termine sottoscritto presso l’Ispettorato del Lavoro.

Potremmo essere in presenza di una somministrazione fraudolenta anche nell’ipotesi in cui un datore di lavoro, allo scopo di eludere la normativa sulla regola che impone la causale, al termine dei 12 mesi, si avvalga ciclicamente di diverse agenzie per il lavoro per l’utilizzo dello stesso dipendente.

La sanzione

In caso di somministrazione fraudolenta, sia il somministratore sia l’utilizzatore sono puniti con l’ammenda di 20 euro per ciascun lavoratore coinvolto e per ciascun giorno di somministrazione (articolo 38-bis del Dl 87/2018). Si tratta quindi di un vero e proprio reato contravvenzionale per il quale non sono stabiliti limiti di importo minimi o massimi.