Licenziamento: reintegrazione se la lettera è sbagliata

Licenziamento: reintegrazione se la lettera è sbagliata

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Se la lettera di licenziamento descrive in maniera diversa da quella di contestazione disciplinare la condotta posta a base del recesso, si applica la reintegrazione sul posto di lavoro (oltre al risarcimento del danno entro le 12 mensilità), in quanto tale imprecisione non è un vizio meramente formale, ma fa venire meno i presupposti dell’atto. Così la Corte di cassazione, con la sentenza 21265/2018 depositata ad inizio settembre, che ha definito la controversia sul licenziamento disciplinare intimato da un’azienda nei confronti di un dipendente che si era assentato senza giustificazione per tre giorni consecutivi.

Il lavoratore ha impugnato il licenziamento, sostenendo che era stato irrogato per una violazione diversa da quella oggetto di contestazione: nella lettera di recesso, infatti, era stata invocata la violazione dell’articolo 41, lettera c, del Ccnl applicabile (recidiva nelle mancanze del dipendente), mentre nella contestazione iniziale era stato addebitato un solo episodio, la mancata presentazione in servizio per tre giorni consecutivi.

Il tribunale di Lecce ha riconosciuto questo vizio, ma gli ha assegnato natura meramente procedurale, applicando di conseguenza il regime sanzionatorio previsto dall’articolo 18 , comma 6, dello statuto dei lavoratori (risarcimento tra le 6 e le 12 mensilità).

La Corte d’appello ha riformato la decisione e disposto la reintegra del lavoratore (condannando la società anche a pagare un risarcimento del danno), ritenendo che nella fattispecie doveva applicarsi il diverso – e più rigoroso – regime previsto dall’articolo 18, comma 4, dello statuto, per i casi di inesistenza del fatto.

La Cassazione ha confermato tale lettura, escludendo che nel caso in questione potesse applicarsi il regime sanzionatorio delle violazioni meramente formali e procedurali. Tale regime, ricorda la Corte, si applica in alcuni casi individuati dalla stessa giurisprudenza di legittimità (omessa audizione del dipendente, violazione dei termini previsti dal Ccnl, genericità della contestazione, mancata comunicazione dei motivi del recesso). Nel caso in questione, osserva la sentenza, il fatto oggetto del licenziamento non coincide quello contestato, quindi, si applica necessariamente la tutela reintegratoria “attenuata” del comma 4.